Tra i monti del Matese, ancora oggi, si produce un salume frutto di un’antichissima tradizione norcina: Signora di Conca Casale.
In un piccolo comune non lontano da Venafro, in provincia di Isernia, a Conca Casale, si continua a produrre un insaccato di carne suina, molto gustoso e soprattutto tipico, di cui porta il nome: Signora di Conca Casale.
Se oggi ne possiamo assaporare la bontà è grazie a un gruppo di anziane signore che hanno mantenuto inalterate nel tempo la ricetta, le tecniche e le condizioni della sua preparazione.
La produzione era unicamente a livello familiare fin quando un produttore locale ha deciso di riproporre sul mercato questo salume antico e affascinante. La produzione resta comunque limitata (circa 400 pezzi ogni anno), mantenendo una filiera produttiva del tutto locale.
Infatti, oggi proprio come nell’antichità, i maiali vengono allevati allo stato semibrado e nutriti con scarti di cucina, vegetali e sfarinati, senza far utilizzo di mangimi, OGM o integratori. E come un tempo, anche i locali di stagionatura sono ancora rigorosamente naturali così come le procedure di lavorazione che si affidano esclusivamente alla manualità del produttore.
Per ottenere un’ottima Signora si utilizzano, sin dall’antichità, lombo e spalla per la parte magra e lardo della pancetta o del dorso per quella grassa.
In aggiunta a questi tagli, oggi vengono impiegate anche parti della coscia e il controfiletto tagliate a punta di coltello, una parte a grana fine e una parte a grana doppia, per migliorarne la trama. Si procede poi alla concia con pepe nero in grani, coriandolo, peperoncino in polvere e finocchietto selvatico. L’impasto è quindi lasciato riposare per alcune ore prima di procedere con l’insaccatura. Questa avviene utilizzando il budello di maiale, lavato con un procedimento che utilizza farina di mais, succo di arancia e limone, aceto e vino.
L’insaccatura viene effettuata a mano, in modo tale che l’impasto sia distribuito in maniera omogenea all’interno di tutto il budello, per garantire una stagionatura corretta. Il salume viene legato con uno spago e posto ad affumicare per alcun giorni, per poi passare alla stagionatura che a causa della grandezza dell’insaccato, si protrae per almeno sei mesi, il peso è variabile, dagli 800 grammi ai 5 chili.
La forma del prodotto finito è simile ad un alveare, al gusto si avverte evidentemente il finocchietto selvatico e la nota di agrumi data dalla lavorazione del duello. Viene servito a fette spesse.
La Signora non è mai stata affatto un salume povero. Nei secoli passati, infatti, difficilmente veniva consumata dai produttori che, anzi, la preparavano per offrirla ai signori locali, come medici e notai, in cambio di cortesie o favori ricevuti.
Fonte: La Stampa